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Buenos Aires - giorno uno: il "martirio" e il cuore

cominciamo da questa foto....



è un po' a questo punto che ho realizzato due cose
la prima (bisogni primari): ero quasi arrivato e non ero ancora uscito dal mio posto, niente passeggiata, niente bagno, niente giretto curioso su quel mega aereo, niente...
la preoccupazione di scavalcare i miei due vicini era troppa (o erano loro troppo?) la signora poi era invalida, non ce la potevo fare. il mio corpo sì e quindi ho tirato dritto il tempo rimanente

la seconda (bisogni di autodeterminazione) : ero quasi arrivato a Buenos Aires
da non credere
perché sono qui? lo scoprirete! ovviamente è un motivo pedagogico...altrimenti non avrebbe senso questo racconto di viaggio!

potrei cadere facilmente nella retorica...e dire un sacco di banalità sulle cose visitate nel mio primo pomeriggio argentino ma vorrei provare a rendere anche solo un pochino quello che mi passava davanti agli occhi...e quello che i miei occhi hanno, invece, cercato.....e cercato...rubato...trafugato...

sono caduto nel mercato del Barrio di Sant'Elmo, dove ogni angolo, piazza, giardino, incrocio, cortile è una buona occasione per suonare, ballare, mangiare, vendere oggetti...e ci sono fianco a fianco ragazzi e ragazze e anziani...uniti (probabilmente) dalla bellezza della disperazione...si vende tutto, di tutto a tutti...e fermarsi a mangiare tutto quello che si trova è un esercizio del cuore...
(il fatto che ancora oggi fossi con un filo di voce - un po' a protezione...da mercoledì servirà - rendeva tutto ciò ancora più intimo...nel mio silenzio cercavo di trattenere tutto ciò che vedevo e sentivo...)

sono rimasto una prima volta fermo di fronte a Casa Rosada...ho varcato appena i cancelli protetti dalla polizia (che presidia tutta la città)... e sono andato oltre....poi, al ritorno da Sant' Elmo...quando iniziava il tramonto..., ho capito la forza di quell'edificio. la luce ha letteralmente animato le mura ed ho compreso perché esistono anche versioni differenti sull'origine di quel colore...(due sono le più gettonate).... perché parla a ciascuno di noi in modo diverso, in tempi e modi diversi, raggiungendo luoghi diversi del nostro corpo. e questo la storia argentina lo sa



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e quando alla fine capisci che non succederà mai un poco ti dispiace...

la sensazione spesso è quella (ma non lo dico con compiacimento, giuro, spiace anche a me!) li vedi lavorare a lezione, nei gruppi, durante il laboratorio, ti sembra quasi di sentire il loro lavoro anche a distanza lavorano dopo e nonostante tu li abbia stroncati e incoraggiati, delusi e rincuorati, non per il voto, perché oramai sono andati oltre: ci credono credono che fare una cosa bella sia anche nelle loro possibilità e nel loro concetto di bellezza speri ci sia tutto quello che Renza (la loro prof!) e tu (io!) siete riusciti fargli "suonare dentro"... l'estetica, la didattica, l'educazione, l'amicizia, il voler bene alle cose che si fanno, la cura del dettaglio, l'importanza dell'idea, di un'idea... e in due giorni, in 40 minuti, tutto sembra svanire, tutto il lavoro di un mese sembra venire meno ti prepari carichi la pen-drive, esponi il merchandising, affiggi le locandine fai una bella esposizione corale ti applaudono ti apprezzano

Loris da grande farà il riavvolgitore di nastri.

nella mia idea di <pedagogico> c'è anche questo, ci sono tutte queste cose: la capacità di cogliere la casualità, la scelta di lasciarsi attraversare dai ricordi, l'incontro puro con qualcuno che ci apre la porta (la pedagogia è raccogliere e accogliere, è storia e memoria, sono io e sono gli altri) mentre varcavo il cancelletto ed iniziavo a scendere le scalette per andare nella sala giochi (ma vi giuro che è qualcosa di più di una sala giochi) di una bellissima casetta di una bellissima famiglia di amici, non avrei davvero pensato di tornare indietro di venticinque-trentanni sapevo cosa mi aspettava ma forse non ero pronto (o non volevo esserlo ;-) sono arrivato in fondo e ho ritrovato questi bambini c'era il campo verde, c'era Andrea e c'era Alberto, c'erano le squadre ordinate nel mobile, i palloni che si spaccavano a metà quando cadevano per terra producendo quel rumore sordo che fanno le cose che si rompono, c'era la colla di

nessuno stupore

mi sto sempre di più convincendo che insegnare (educare, condividere) creando stupore sia inutile, superfluo e si risolva in una perdita di tempo non dobbiamo inseguire un illusorio stupore ma una condizione di temperanza che possa concedere l'opportunità di sentire crescere qualcosa dentro di sé, di prendere progressivamente coscienza della possibilità la possibilità di sapere, di fare, di dare forma ai pensieri e alle cose, di stare insieme è stato gratificante stare vicino ad una collega così generosa è stato gratificante vedere la preoccupazione trasformarsi in fermezza e l'incertezza in proposta sto parlando di un laboratorio universitario appena concluso all'interno del corso di scienze pedagogiche e dell'educazione: 26 studentesse, 8 ore in presenza e 17 a distanza per un credito formativo universitario gil ingredienti del laboratorio sono quelli consueti: impegno, lavoro in gruppo, condivisione, ricerca, innovazione, passione, scoperta, competenza lo es